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Contratto di lavoro a termine: chiarimenti sulla nuova disciplina introdotta dal decreto Lavoro

Per garantire l’uniforme applicazione delle nuove disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è intervenuto con la Circolare n. 9/2023 per fornire indicazioni alla luce della disciplina introdotta dal decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023, convertito, con modificazioni, in legge n. 85/2023).

Il Ministero, in particolare – dopo aver ricordato che il decreto Lavoro ha lasciato inalterato il limite massimo di durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato che possono intercorrere tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore (che resta fissato in ventiquattro mesi), così come la possibilità di un’ulteriore stipula di un contratto a tempo determinato, della durata massima di dodici mesi, presso la sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, nonché il numero massimo di proroghe consentite (sempre quattro nell’arco temporale di ventiquattro mesi) e il regime delle interruzioni tra un contratto di lavoro e l’altro (c.d. stop and go) – si è soffermato sulla disciplina delle condizioni che possono legittimare l’apposizione del termine al contratto di lavoro, su quella delle proroghe e dei rinnovi, nonché sulle modalità di computo dei limiti percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto di somministrazione.

Con l’impegno di tornare sull’argomento, in questa sede si intende dar conto dei chiarimenti forniti in merito alle nuove lettere a) e b) introdotte al comma 1 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 81 del 2015, con cui – spiega il Ministero –  la riforma ha inteso valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva nella individuazione dei casi che consentono di apporre al contratto di lavoro un termine superiore ai dodici mesi, ma in ogni caso non eccedente la durata massima di ventiquattro mesi, nel rispetto di quanto previsto dal comma 1 del medesimo articolo 19.

Quanto alla nuova lettera a) introdotta al comma 1 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 81 del 2015, viene evidenziato come la disposizione si limiti a riaffermare la prerogativa, già in precedenza riconosciuta alla contrattazione collettiva, di individuare tali casi, purché ciò avvenga ad opera dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni, ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Maggiore rilevanza è, invece, attribuita alla nuova lettera b), in forza della quale, in assenza delle previsioni di cui alla lettera a) – che richiama tutti i livelli della contrattazione collettiva – le condizioni possono essere individuate dai contratti collettivi applicati in azienda, fermo restando il rispetto delle previsioni di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015 in ordine alla qualificazione dei soggetti stipulanti, in un’ottica di valorizzazione della contrattazione di prossimità.

Con riferimento alla richiamata lettera b), il Ministero fa presente che la norma introduce, altresì, la possibilità che le parti del contratto individuale di lavoro – in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi – possano individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi (ma ugualmente non superiore ai ventiquattro mesi).

A tal riguardo, viene evidenziato che le parti individuali possono avvalersi di tale possibilità entro la data del 30 aprile 2024, da intendersi come riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024.

Conseguentemente, laddove nei contratti collettivi sia tuttora presente un mero rinvio alle fattispecie legali di cui al D.L. n. 87/2018, le stesse potranno ritenersi implicitamente superate dalla nuova disciplina introdotta dal decreto Lavoro, con conseguente possibilità di ricorso ai contratti collettivi applicati in azienda o, esclusivamente fino al 30 aprile 2024, all’esercizio dell’autonomia delle parti del contratto individuale di lavoro, secondo quanto previsto dalla nuova lettera b) dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015.

Diversamente, qualora nei contratti collettivi sopra citati siano presenti causali introdotte in attuazione del regime di cui al previgente articolo 19, comma 1, lettera b-bis) – quest’ultima inserita dall’articolo 41-bis del D.L. n. 73/2021 -, data la sostanziale identità di tale previsione con le specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 di cui al nuovo articolo 19, comma 1, lett. a), il Ministero ritiene che le suddette condizioni potranno continuare a essere utilizzate per il periodo di vigenza del contratto collettivo.

Allo stesso modo, restano utilizzabili le causali introdotte da qualsiasi livello della contrattazione collettiva che individuino concrete condizioni per il ricorso al contratto a termine, purché non si limitino ad un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina, ormai superata dalla riforma in esame.

Infine, la nuova lettera b-bis) riafferma la possibilità per il datore di lavoro, già prevista in precedenza, di far ricorso al contratto di lavoro a termine quando abbia la necessità di sostituire altri lavoratori. in tal caso rimane confermato l’onere per il datore di lavoro di precisare nel contratto le ragioni concrete ed effettive della sostituzione, restando la stessa comunque vietata – ai sensi dell’articolo 20, comma 1, lettera a) – per i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero.

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